RELAZIONI E CONFINI: quando inizio io? Quando finisci tu?

 

Entrare in relazione è una delle esperienze fondanti della vita di ogni persona. L’esperienza relazionale è, infatti, un bisogno umano fondamentale, così come il mangiare e il dormire.

Tale aspetto così basilare non è altrettanto semplice da gestire e spesso può comportare malessere e disagio.

In una relazione può capitare che ci sia timore di parlare di sé, di aprire il proprio mondo all’altro, il timore di essere invasi e perdere la propria identità, di non essere capiti, di arrivare a confondere il proprio benessere con quello dell’altro o di non essere più padrone della propria vita.

Può accadere che lasciamo che sia l’altro a decidere per noi, che arriviamo ad ignorare i bisogni personali pur di realizzare le esigenze altrui o che tendiamo a manipolare e piegare la realtà che ci circonda.

Quello di cui sto parlando sono i CONFINI RELAZIONALI che servono a delimitarci e definirci come persona-individualità.

Cosa sono i confini nelle relazioni?

Piuttosto che pensare alla separazione, focalizzatevi sul concetto di unione. Immaginate uno spazio dove avviene l’incontro tra voi stessi e l’ambiente (tra soggetto e oggetto), quello spazio dove si può verificare l’esperienza relazionale. Il tal senso il confine non si riferisce alla separazione individuo-ambiente, quanto alla funzione di limitare l’organismo, contenendolo e proteggendolo, e allo stesso tempo metterlo in contatto con l’esterno.  L’esperienza dell’incontro è la funzione propria di tale confine.

Ciò che distingue il contatto dalla fusione è che il primo avviene al confine, dove c’è il senso di separazione.

Il confine determina anche i nostri limiti: questi ci servono ad effettuare delle scelte, a dire sì o no. Tendenzialmente i confini che creiamo da adulti rispecchiano ciò che abbiamo appreso durante le nostre relazioni infantili. Se durante l’infanzia non si sono potuti sperimentare sani confini, ma piuttosto si è vissuto in un ambiente caratterizzato da ambiguità relazionale e abusi, il rischio da adulti è di non riuscire a gestire lo spazio relazionale e diventare troppo aggressivi o passivi.

Ciò che più spesso capita è smettere di desiderare perché si vive in uno stato di funzionalità con l’altro, dove non si distingue più cosa ci appartiene e cosa no, in termini di sentire soggettivo. Tendenzialmente, dall’altra parte, ci sarà una persona che tende ad utilizzare l’altro in modo strumentale per raggiungere i propri scopi. Questo è il classico gioco di ruoli che si instaura quando i confini non sono equilibrati e sani.

Come sono i tuoi confini?

 

I vostri confini sono rigidi o labili? Più conosciamo in profondità la nostra modalità di stare in relazione, più diventiamo esperti nella gestione della stessa.

Per capire che tipologia di confini e che tipo di esperienze relazionali metti in atto, prova a rispondere a questi interrogativi: quanto tendi ad influenzare o ad essere influenzato in una relazione? Accade spesso che sia l’altro a decidere per te?  Il tuo benessere è legato a quello che dice e che fa l’altro nei tuoi confronti? Quanto il tuo umore dipende da quanto soddisfi i bisogni altrui? Chiediti quante volte ti trovi a dire sì, quando invece vorresti dire no? Riesci a chiedere aiuto o devi sempre fare tutto da solo?

I confini diffusi-deboli sono caratterizzati da uno stato di funzionalità con il mondo esterno. In pratica l’autonomia e l’individualità viene condannata, per incentivare l’estremo altruismo.

 

Tendenzialmente nelle relazioni caratterizzate da confini scarsi potrebbe manifestarsi:

  • difficoltà a dire no e a manifestare i propri desideri.
  • tendenza ad aiutare l’altro anche quando non si vuole.
  • paura si essere rifiutato se si dice di no.
  • accettazione acritica di tutto quello che l’altro ti dice.
  • dare e fare troppo per l’altra persona.

 

I confini rigidi sono caratterizzati da un estremo individualismo e scarsa apertura al mondo dell’altro.

Le manifestazioni tipiche di tali confini sono:

  • concepire il sì come un comportamento pericoloso per la propria autonomia.
  • evitamento del contatto fisico ed emotivo.
  • difficoltà a chiedere aiuto.
  • percepire costantemente l’altro come invadente.

 

 

                             Come sviluppare confini equilibrati e sani?

Qual è il giusto equilibrio tra egoismo (rimanere centrati solo su se stessi e nella difesa dei propri confini) e apertura all’alterità (aprirsi alla scoperta dell’ignoto con il rischio di perdere se stessi)?

Per rispondere a questa domanda è opportuno innanzitutto dire che quello che è benessere per una persona, può non esserlo per un’altra. L’equilibrio sarà frutto di una ricerca personale e non sarà uguale per tutti.

Per prima cosa è necessario ascoltare il proprio corpo ed emozioni quanto si incontra l’altro.  Il corpo può essere un utile strumento di lettura sulla tipologia dei confini e ci può servire per capire se i confini stanno essendo invasi: se sentiamo tensione, d’impulso facciamo un passo indietro, significa che l’altro si sta avvicinando troppo; al contrario, se vediamo che l’altro cerca di allontanarsi e mostra segni di disagio, vuol dire che stiamo invadendo il suo spazio.

Per un buon equilibrio, bisogna imparare a gestire il proprio spazio vitale in modo tale da riuscire ad esprimere i propri bisogni e al contempo rispettare l’altro. Trovare il proprio spazio in quella dimensione che va dalla fusionalità alla rigida chiusura. Ricordiamoci che l’altro è occasione di apertura e conoscenza di se stessi, ma anche di rischio di dispersione.

Se ti sei riconosciuto in uno stile di confini diffuso potresti imparare a connetterti maggiormente con i tuoi bisogni, chiedendoti cosa senti momento per momento, nel qui ed ora, e fare l’esperienza di dire NO.

Al contrario, se pensi che i tuoi confini siano rigidi potresti iniziare a pensare che la vicinanza dell’altro non è un pericolo, provando ad entrare in un contatto più intimo con l’altra persona (che significa anche solo dire qualcosa in più di sè) e fare l’esperienza di chiedere aiuto.

Siate aperti a cogliere il feedback dell’altro durante la relazione per scoprire nuove parti di se stessi e apritevi alla diversità. Ricordatevi contemporaneamente di non accogliere acriticamente tutto quello che l’altro ci dice ma integrarlo, in modo consapevole, traendo significati personali dall’incontro.

 

La psicoterapia può aiutarti a diventare più consapevole dei tuoi confini relazionali e a trovare alternative creative a quelle modalità relazionali rigidamente apprese sin dall’infanzia. Se questo articolo ti ha incuriosito e vuoi approfondire questo argomento, contattami. Sarò lieta di darti tutte le informazioni e chiarimenti di cui necessiti.